Nei precedenti articoli abbiamo parlato dei primi due Yama: Satya e Ahimsa, fondamentali per creare connessioni autentiche con gli altri fondate su onestà e sincerità, senza attaccamento a ciò che si è o si ha.
Asteya e Aparigraha, strettamente connessi ai primi due principi etici descritti negli Yoga Sutra di Patanjali, riguardano, invece il nostro rapporto con il possesso e il desiderio, e ci guidano verso un equilibrio morale fondamentale per vivere in armonia con gli altri.
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ToggleAsteya: non rubare
Asteya significa letteralmente “non rubare”, ma il concetto è molto più profondo e va oltre il significato condiviso del non sottrarre beni materiali: invita, infatti, a non desiderare con avidità ciò che non ci appartiene in nessuna forma.
Praticare Asteya significa coltivare la gratitudine e il rispetto per i confini altrui, riconoscendo che tutto ciò di cui abbiamo veramente bisogno è già dentro di noi.
Quando questa qualità si radica nella nostra coscienza la ricchezza arriva sempre al momento del bisogno, non abbiamo necessità di togliere niente a nessuno.
Alcuni consigli per seguire questo yama nella vita quotidiana:
- riduci i desideri mondani, riconoscendo che la felicità è già dentro di te;
- vivi con semplicità;
- evita di desiderare le cose degli altri: beni, posizione sociale, sii libero;
- sii felice nel dare;
- amati per come sei e applicati nel cercare di diventare la tua miglior versione;
- non ricercare la perfezione.
Aparigraha: non attaccamento
Aparigraha è il principio della non possessività o del non attaccamento. Non significa rifiutare i beni materiali ma non identificarsi con essi.
Quando siamo attaccati a qualcosa che può essere un oggetto o una relazione il rischio è di perdere energie per cercare di evitarne la perdita.
Applicare Aparigraha nella vita quotidiana significa quindi accettare il cambiamento e non identificarsi con ciò che si ha, aumentando la propria fiducia nella vita.
Alcuni consigli per seguire questo yama nella vita quotidiana:
- sviluppa il non attaccamento nei confronti delle persone a te care, e delle cose, riflettendo sulla verità che niente e nessuno ci appartiene;
- applica il non attaccamento anche su ciò che vivi ricordando che nulla rimane per sempre uguale;
- applica il non attaccamento anche su te stesso, sulle tue abitudini, il modo di essere, i tuoi pensieri. Sii libero in questo.
L’armonia tra Asteya e Aparigraha sul tappetino
Asteya e Aparigraha sono dunque due principi dello yoga che ci guidano verso una vita più consapevole, aiutandoci a ridurre il desiderio di possesso e sviluppando più fiducia nella vita.
Essi si riflettono profondamente su due chakra principali: Muladhara (il chakra della radice), e Anahata (il chakra del cuore).
Muladhara è il chakra che governa il nostro bisogno di sicurezza e sopravvivenza, quando è in equilibrio siamo presenti, concentrati e dinamici sviluppando fiducia nel fatto che la vita ci fornirà ciò di cui abbiamo bisogno.
Se questo chakra è squilibrato abbiamo paura della scarsità e ci attacchiamo ai beni materiali e/o cerchiamo di prendere più di quanto ci spetta.
Per bilanciare questo yama nella pratica e lavorare sul radicamento possiamo utilizzare Utkatasana.
Posizionati in piedi. Mantieni i piedi separati alla larghezza delle anche. Premili in basso e solleva le braccia oltre la testa inspirando, espira e inspirando piega le ginocchia portando il bacino indietro e sollevando il petto per creare una curva leggera lungo la colonna.
Anahata è il chakra che governa il nostro modo di amare e sentirci amati. Un cuore aperto coltiva il dare senza aspettarsi nulla in cambio e il rispetto per gli altri favorendo relazioni basate sull’amore e non sul possesso.
Se è squilibrato l’avidità e la possessività possono prendere il sopravvento.
Per bilanciare con la pratica possiamo lavorare con Anahatasana.
Dalla posizione di quadrupedia, porta le mani in avanti sul tappetino mantenendo i polsi sulla linea delle spalle (se possibile). Le anche sono sopra le ginocchia (queste ultime da mantenere alla larghezza delle anche). La fronte è a terra. Respirando cerchiamo di ammorbidire e sciogliere la zona del cuore.
Meditazione
Attenua l’illuminazione creando un’atmosfera meditativa.
- Sdraiati nella posizione supina e tieni le braccia stese lungo i fianchi con i palmi delle mani rivolti verso l’alto e fai in modo che non tocchino il corpo. Le gambe sono leggermente divaricate e le punte dei piedi rivolte all’esterno.
- Lascia che il tuo corpo diventi sempre più pesante e morbido, abbandonalo completamente alla terra e inizia a respirare nel quarto chakra, il chakra del cuore.
- Immagina in corrispondenza di questo chakra una grande apertura e fai fluire il tuo respiro attraverso di essa. Senti che respiro che fluisce nel chakra del cuore scioglie ogni sensazione di non fare o essere abbastanza e accetta te stesso così come sei.
- Ora visualizza una porta all’interno del quarto chakra, aprila e senti di avere il pieno diritto di ricevere. Impara a ricevere.
- Resta nella meditazione per il tempo che senti, poi inizia a riprendere lentamente contatto con il tuo corpo facendo dei piccoli movimenti prima di girarti da un lato e ritornare nella posizione seduta.
Conclusione
Asteya e Aparigraha trovano equilibrio lavorando su Muladhara e Anahata. Quando ci sentiamo sicuri e pieni di amore per noi stessi e per gli altri possiamo lasciar andare il bisogno di possesso e vivere con più leggerezza, liberi dai condizionamenti esterni.
Lavorando su noi stessi, sul non desiderare ciò che non ci appartiene imparando a non aggrapparci a ciò che possediamo scopriremo che la vera abbondanza sta nel saper condividere e lasciar andare.
In un mondo sempre più orientato all’accumulazione, questi principi offrono una chiave etica per aprire la porta ad una vita più consapevole, equa e sostenibile. Praticandoli, impariamo a vivere con maggiore gratitudine e libertà.
Lettura consigliata
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2 risposte
Il sito lo trovo ben fatto e pieno di interessanti ed utili articoli. Grazie!
Ciao Roberta,
grazie a te di cuore per il tuo messaggio ❤️.