Il Karma non è destino: il segreto per trasformare le tue azioni

Karma e Dharma non sono solo concetti filosofici: sono chiavi per comprendere come le nostre azioni influenzano la vita. Esploriamo il loro significato profondo e scopriamo come trasformare il nostro percorso.

Mi sono sbagliato!

Lo ammetto senza difficoltà, ma mi sono sbagliato!

Mi sono sbagliato perché, tra tanti argomenti e tante pippe mentali, non ho dedicato la giusta attenzione a un tema fondamentale.

In realtà, è un tema così “grande” che si rischia di non vederlo affatto. Un po’ come stare ai piedi di una montagna e fermarsi a osservare i fiori e i sassolini, dimenticando l’enormità di ciò che incombe su di noi!

Di cosa sto parlando?

Ma del Karma, naturalmente… l’unica legge universale che regola, indiscutibilmente, le nostre vite (comprese quelle passate e quelle future, per chi vi crede).

Perché non ne ho parlato prima?

A dire il vero… c’è un motivo per cui non sono tornato sull’argomento.

Chi mi conosce da più tempo, o chi ha visitato il mio piccolo sito (ormai ben poco aggiornato, mea culpa!), sa che dedico una parte del mio tempo alla lettura dei registri akashici (in modo assolutamente gratuito, il che mi rende particolarmente inviso a molti “colleghi”).

Oltre a questo, insegno – seppur in maniera limitata – uno dei possibili percorsi per raggiungere lo stato di coscienza necessario ad accedere ai registri in autonomia.

Grazie a questa attività, ho avuto la fortuna di conoscere molte persone e di condividere esperienze profonde. Tuttavia, col tempo, ho notato un aspetto interessante:

Solo pochi sono realmente disposti ad accogliere le indicazioni che emergono dalle letture per ciò che sono: stimoli per osservare la propria vita da una nuova prospettiva.

Al contrario, c’è una tendenza diffusa a cercare risposte ai propri dubbi, quando invece sarebbe più saggio soffermarsi sulle domande!

Nelle ricerche nei registri akashici, ciò che viene chiesto più spesso è:

  • una spiegazione per giustificare le proprie sofferenze,
  • una motivazione per le difficoltà che si incontrano,
  • una “ricetta pronta” per risolvere un problema.

Ma è davvero questo il modo giusto di approcciarsi al Karma?

Questo atteggiamento è assolutamente comprensibile e testimonia il grande bisogno di aiuto che ciascuno di noi può avere! Ciò che invece non può essere condiviso è il comportamento di chi promette di offrire risposte a ogni domanda o soluzioni per ogni problema, approfittando del dolore e della vulnerabilità di chi attraversa momenti difficili.

Ed è (anche) per questo motivo che gli approfondimenti sul tema si sono rarefatti, limitandosi a una cerchia più ristretta di persone.

A tutti capita di sbagliare e, spesso, serve un “richiamino” dall’esterno per rendersene conto e correggere il proprio cammino.

Nel nostro caso, questo significa tornare a ragionare sul Karma, sul suo vero significato e su come possa cambiare il nostro modo di vivere.

Un percorso più accessibile

Siccome il tema è ampio e complesso, ho deciso di dedicarvi una breve serie di interventi, più sintetici e – si spera – più facilmente assimilabili.

Eviteremo riferimenti storici o considerazioni dottrinali troppo accademiche, cercando invece di restare sul piano pratico.

Quale visione del Karma approfondiremo?

Ci limiteremo alla concezione più antica del Karma, ovvero quella della tradizione giainista prima e induista poi. Questa precisazione è importante perché, quando affronteremo il concetto di Dharma, sarà necessario ricordare come la tradizione buddhista presenti differenze significative.

Cos’è il Karma?

Per fare chiarezza, partiamo subito dicendo cosa NON è il Karma:

  • NON è l’equivalente orientale della “Divina Provvidenza”.
  • NON è sinonimo di “destino” o “fato”.
  • NON è una versione alternativa del “contrappasso” dantesco.

No, il Karma è qualcosa di molto più sottile. Il Karma è il nome che descrive una semplice legge universale, cui persino le divinità devono sottostare.

Il Karma è la legge di causa ed effetto: ogni azione produce un effetto, in un modo o nell’altro.

Ma attenzione: per “azione” non si intende solo ciò che viene fatto, ma anche ciò che non viene fatto. Dal punto di vista del Karma, anche l’inazione ha un peso.

Di conseguenza, ogni forma di ipocrisia, ogni atteggiamento formale privo di sostanza, genera un Karma ben diverso da quello che si potrebbe immaginare.

Per rendere il tutto ancora più complesso, bisogna considerare due fattori:

  • Gli effetti delle nostre azioni sono imprevedibili: non si può mai sapere quale sarà la conseguenza di una scelta né quando questa si manifesterà.
  • Il Karma si accumula: gli effetti delle azioni non si dissolvono automaticamente, ma restano finché non vengono elaborati o risolti.

Chi crede nella reincarnazione sostiene che ciascuno di noi si porta dietro il Karma accumulato nelle vite precedenti, finché non viene risolto. Questo spiega perché non sia così facile interrompere il Saṃsāra, il ciclo di vita, morte e rinascita.

Infatti, solo attraverso la liberazione da queste scorie si può sperare nel Nirvana e nella conseguente interruzione del ciclo infinito delle rinascite.

Insomma… un lavoraccio!

Karma – Istruzioni per l’uso

Ricapitolando, abbiamo detto che:

  • Il Karma è una legge universale che non dipende da nessuno.
  • Il Karma descrive il principio per cui ogni azione produce un effetto.
  • Il concetto di “azione” va inteso in senso lato.

Ma abbiamo anche precisato che:

  • È impossibile prevedere quali saranno gli effetti di un’azione.
  • È impossibile sapere quando gli effetti si concretizzeranno.
  • Gli effetti del Karma si accumulano finché non vengono risolti.

Dando per scontato che sia tutto chiaro fino a questo punto (ora ci penso io a confondervi le idee…), soffermiamoci qualche minuto su questi ultimi tre aspetti.

1. È impossibile prevedere gli effetti di un’azione

Questa affermazione implica che esistano diversi tipi di effetti possibili.

Spesso si sente dire che una “buona azione” produce “karma positivo”, mentre una “cattiva azione” genera “karma negativo”. Bene, questa idea è sbagliata per diversi motivi.

Non possiamo prevedere le conseguenze

Non ci è dato sapere quali effetti avrà un’azione, per quanto sincera, generosa e benevola possa essere. È assolutamente possibile che:

  • Aiutare una vecchietta ad attraversare la strada ci porti, in una futura vita, una grande sventura.
  • Borseggiare un passante non produca alcun effetto negativo evidente.

In altre parole, non siamo noi i giudici delle nostre azioni.

Non esiste un karma buono o cattivo

Il secondo punto fondamentale è che non esiste un karma positivo o negativo. Ciò che percepiamo come buono o cattivo dipende esclusivamente dalla nostra esperienza e dai nostri gusti personali.

Buono e cattivo sono valori soggettivi, legati alla prospettiva con cui osserviamo la realtà. Finché il nostro giudizio sarà figlio dell’ego, sarà impossibile liberarci dalle catene che ci legano.

2. È impossibile prevedere quando gli effetti si manifesteranno

Comprendere questo principio è fondamentale per capire il funzionamento del karma.

In poche parole, significa che un’azione compiuta oggi produrrà i propri effetti in un momento futuro indefinito. Potrebbe accadere:

  • A breve termine, nella stessa vita.
  • A lungo termine, anche in una vita futura.

Un modo poetico, ma efficace, per descrivere questo processo è quello usato dal mio maestro. Sir Mumford descriveva gli effetti di un’azione come dei semi:

“Questi appaiono inerti, presi a sé stanti, ma nelle giuste condizioni possono sprigionare l’energia di una quercia secolare.”

Gli effetti delle nostre azioni sono dunque semi pronti a germogliare non appena si verificano le giuste condizioni. Non sottovalutiamo il loro potere: anche un seme minuscolo può generare un’enorme pianta, ovvero produrre effetti di grande portata.

3. Gli effetti del karma si accumulano

Questo è un pilastro del karma e dell’intero Saṃsāra. Possiamo immaginare gli effetti del karma come tanti semi che raccogliamo in un sacchetto e che ci portiamo dietro, vita dopo vita.

Questi semi rimarranno con noi finché:

  • Si verificheranno le condizioni perché germoglino e producano i loro frutti (che a loro volta genereranno nuovi semi).
  • Sapremo ridurre la produzione di nuovi semi, limitando il nostro karma.

Solo attraverso questo processo e attraverso la risoluzione dei semi già accumulati, possiamo sperare di ridurre progressivamente il peso del nostro karma e, infine, giungere alla liberazione finale.

Il karma complica tutto?

La legge del Karma e i suoi corollari sembrano fatti apposta per complicarci la vita, mettendoci nelle condizioni di non sapere mai cosa sia “giusto fare” in un preciso istante.

Ogni azione (o omissione) produrrà effetti per noi inconoscibili fino al momento in cui si materializzeranno, e non sappiamo nemmeno quando ciò avverrà…

Il gesto più empio, al momento giusto, potrebbe essere quello meno produttivo di effetti, mentre quello più pio potrebbe rivelarsi un boomerang imprevisto.

Come possiamo trovare una soluzione (o, come si dice da queste parti, “cavarci gli zampetti”)?

A questo scopo c’è un solo strumento: il Dharma.

Meno noto del Karma – forse perché più impegnativo rispetto al primo, che possiamo in effetti solo accettare – il Dharma è un principio fondante delle principali discipline spirituali di origine induista, incluso il Buddhismo.

Karma e Dharma: l’equilibrio

Abbiamo compreso che il Karma è:

  • Impossibile da prevedere
  • Impossibile da controllare

Questa è la natura delle cose: il Karma non può essere governato, né dagli uomini né dagli dèi.

Possiamo abbreviare il ciclo del Saṃsāra?

Quindi, non possiamo fare nulla per evitare gli effetti imprevedibili e potenzialmente dannosi delle nostre azioni?

È possibile che non esista un modo per abbreviare l’infinito ciclo di sofferenze del Saṃsāra?

Facciamo un attimo di chiarezza. Perché si parla così tanto di liberazione dal ciclo nascita-morte-rinascita? In fondo, significa che viviamo per sempre, giusto?

Beh, il problema è che, nell’accezione orientale, la vita è sofferenza, sempre.

  • Vivere produce sofferenza.
  • Ogni rinascita porta con sé vecchie e nuove sofferenze.

Le uniche vie di fuga sono:

  • Interrompere il ciclo delle rinascite.
  • Raggiungere uno stato in cui si smette di soffrire.

In entrambi i casi, si ottiene il Nirvana, ovvero la liberazione dalla sofferenza dovuta all’eterno ciclo del Saṃsāra.

Il Dharma: la chiave per la liberazione

Torniamo alla domanda: esiste un modo per abbreviare il ciclo delle rinascite?

Sì, ed è proprio questa la funzione del Dharma!

Se il Karma descrive la legge universale di causa-effetto, il Dharma ci fornisce le chiavi per liberarci dalle catene del Karma. Ma in che modo?

Immaginiamo di trovarci davanti a una sliding door: una situazione in cui dobbiamo scegliere tra due porte, due possibilità, due comportamenti diversi.

Il Dharma ci indica quale porta è quella “giusta” da attraversare.

Stiamo semplificando, ovviamente, ma il concetto è proprio questo.

Quindi, basta seguire il Dharma e il gioco è fatto? Non è così semplice…

Come il Karma, anche il Dharma ha diverse interpretazioni. La principale differenza riguarda l’approccio:

  • Buddhista
  • Giainista e induista

Ognuna di queste tradizioni offre una lettura unica del Dharma e del suo ruolo nel ciclo delle rinascite.

Buddhismo e induismo: due approcci al Dharma

Noi non ci addentreremo nei dettagli delle diverse interpretazioni del Dharma, ma è utile fare una distinzione tra buddhismo e induismo.

Il Dharma nel buddhismo

Nel buddhismo esiste un disciplinare preciso dei comportamenti da adottare, ispirato a:

  • Le quattro nobili verità
  • Il nobile ottuplice sentiero

Questi principi si traducono poi in una ancora più dettagliata “regola” di vita.

Il Dharma nell’induismo

L’induismo, invece, affronta la questione in modo differente. Piuttosto che individuare una serie specifica di condotte rette, preferisce concentrarsi sulle circostanze specifiche in cui va fatta una scelta.

Di conseguenza:

  • Il Dharma di un bambino sarà differente da quello di un adulto.
  • Il Dharma di un mendicante sarà diverso da quello di un nobile.

Questo approccio lascia maggiore libertà d’azione ma, al contempo, impone maggiore responsabilità nelle scelte compiute.

In ogni caso, non è sufficiente adeguare il proprio comportamento a una regola morale o religiosa.

Un atteggiamento opportunista e farisaico non è apprezzato né dall’induismo né dal buddhismo, che al “retto comportamento” abbinano sempre il “retto pensiero”.

In altre parole, per seguire il Dharma non basta rispettare le regole civili e i dogmi religiosi, ma è necessaria una loro profonda condivisione. Il che, naturalmente, non è affatto semplice…

Seguire il Dharma: a che scopo?

Abbiamo capito che, in qualsiasi interpretazione, seguire il Dharma non è un’impresa facile. Ma a cosa serve tutto questo sforzo?

Seguire il Dharma elimina il Karma accumulato?

No, purtroppo no.

Allora qual è il suo scopo?

Seguire il Dharma ha un grande effetto positivo: inibisce la produzione del Karma. In altre parole, fare la scelta giusta impedisce al Karma di produrre nuovi effetti, di qualsiasi tipo.

Se pensiamo a quante scelte compiamo ogni giorno:

  • Decidere se parlare o tacere.
  • Scegliere come rispondere a una domanda o a una provocazione.
  • Reagire a un fatto o a un’azione.
  • Decidere come rivolgerci agli altri.
  • Scegliere cosa mangiare, cosa indossare e così via.

Possiamo renderci conto di quante volte la legge del Karma entri in azione.

Allo stesso tempo, possiamo anche comprendere il potere del Dharma, capace di ridurre i casi in cui il Karma si attiva.

Nel tempo, il Dharma ci permette di ridurre il numero di semi accumulati e, quindi, di avvicinarci più rapidamente alla liberazione.

Ma il Nirvana resta lontano…

Non è poco, certo, ma la via per la liberazione dalla sofferenza resta comunque lunga, e il Nirvana rimane un traguardo distante.

Possiamo accorciare i tempi?

Ma è possibile fare qualcosa per accelerare il processo?

Quindi esistono davvero altri strumenti efficaci per liberarci dai semi del Karma?

Sì, ci sono! Ma se state pensando a scorciatoie comode, vi sbagliate di grosso.

Due strumenti per spezzare il Karma

Oggi parleremo principalmente di due strumenti:

  • Il primo agisce sul presupposto per la realizzazione del Karma.
  • Il secondo è finalizzato a rendere inerti i semi di cui abbiamo parlato.

In entrambi i casi, l’obiettivo è privare il Karma della possibilità di realizzarsi, anche se in modi diversi e a livelli differenti.

Il primo strumento: ostacolare la crescita del Karma

Partiamo dal primo strumento e torniamo per un istante a ciò che avevamo detto sul Karma: lo abbiamo paragonato a una specie di seme che produciamo con ogni nostra azione.

Non ripeteremo ancora cosa si intenda per “azione”, ma ricordiamo un punto essenziale: questi semi, di cui non conosciamo la natura (potrebbero essere semi di pesche o di un’erbaccia infestante), potranno germogliare solo se si creeranno le giuste condizioni.

Quali sono le “giuste condizioni”?

Le condizioni cui facciamo riferimento sono una sorta di humus interiore, che nel tempo si sviluppa dentro di noi: nel nostro cuore, nel nostro corpo e nella nostra mente.

Ogni nostra azione, pensiero e reazione lascia dietro di sé una traccia, una piccola impronta dentro di noi.

Queste tracce, con il passare degli anni (e delle vite), vanno a formare un substrato emotivo, energetico e persino materiale, che può facilitare oppure ostacolare la crescita dei semi del Karma.

Possiamo bloccare gli effetti del Karma?

Sì! Anche quando le nostre azioni hanno già prodotto un seme pronto a germogliare, sta ancora una volta a noi la possibilità di ostacolarne la crescita e, quindi, di bloccarne gli effetti.

Ancora una volta, il Karma si dimostra molto diverso dal concetto occidentale di “destino”: non è qualcosa di immutabile o inevitabile.

Per impedire la crescita dei semi del Karma, è fondamentale giungere a una profonda comprensione e condivisione del proprio Dharma.

Ed è qui che sorge un problema…

A meno di non adottare una visione spirituale che orienti fortemente il comportamento dei fedeli, e di sposarla interamente, il Dharma resta per ciascuno di noi oggetto di indagine continua ancor prima di poterlo realmente seguire!

Possiamo dire senza esitazione che aderire completamente al proprio Dharma – cosa già di per sé complessa – è solo la metà del lavoro.

Prima di tutto, infatti, bisogna comprenderlo. E tutti noi sappiamo quanto sia facile sbagliare!

Scoprire qual è il nostro Dharma significa comprendere quale sia, in ogni istante della nostra vita, il nostro ruolo nell’inestricabile rappresentazione cosmica cui prendiamo parte come attori secondari.

Significa, per esempio:

  • Comprendere come rapportarci con le persone che ci circondano o con cui abbiamo una relazione.
  • Capire come relazionarci con noi stessi: con i nostri desideri, pensieri ed emozioni.
  • Riconoscere che ciò di cui il prossimo ha bisogno può essere molto diverso da ciò che noi riteniamo giusto o corretto.

In altre parole, significa liberarsi di una prospettiva egoica e osservare ogni istante della nostra vita con empatia e distacco.

Facile, no?

Bene, se questa strada può sembrare in salita, è giunto il momento di parlarvi dell’altro strumento di cui accennavamo prima.

Un metodo che – per usare le parole di Sir Mumford – è in grado di “bruciare i semi del Karma”!

Il secondo strumento: bruciare i semi del Karma

Questi semi, una volta seccati, non saranno più in grado di germogliare e saranno quindi definitivamente resi inerti.

A questo scopo, è possibile ricorrere alle tecniche di Kriyā Yoga (ne abbiamo parlato qui, ma torneremo sicuramente sull’argomento in futuro).

Come sapete, esistono molte scuole di Yoga (forse sarebbe utile fare un po’ di chiarezza anche su questo…), tra cui quella del cosiddetto Kriyā. Ma perché questa appare più adatta di altre per il contenimento del Karma?

Beh, basti pensare che Kriyā in sanscrito significa proprio “azione”. Il Kriyā Yoga è lo Yoga dell’azione: un insieme di tecniche coordinate finalizzate alla consapevolezza delle nostre azioni (in senso lato) e, quindi, dei loro effetti.

Non è possibile, in questa sede, entrare nei dettagli del Kriyā Yoga, ma basti dire che si tratta di una delle forme più antiche di yoga. Secondo alcuni, è persino menzionato nella Bhagavad Gita come lo strumento preferito da Vishnu per l’elevazione degli esseri umani.

A differenza di altre discipline, il Kriyā Yoga non si basa su asana acrobatiche, ma si concentra sulla respirazione e sul controllo di pensieri ed emozioni.

Il Karma laico

Ma, in conclusione, vorrei fare una considerazione finale.

Rinascita, cicli della vita, liberazione dalle sofferenze della vita materiale, Karma, Dharma… quanti di voi credono davvero a tutto questo?

Quanti ne subiscono il fascino ma… dubitano?

Nulla di male! Questo non ha nulla a che fare con la fede. Non si tratta di sposare necessariamente un credo, né di venerare divinità dai nomi esotici, con la pelle blu o con sembianze di un elefante.

Piuttosto, si tratta di aderire a una visione spirituale che si rivolga a se stessi con una profondità forse maggiore.

La domanda che vi pongo è questa:

È possibile trarre un insegnamento di vita profondo anche da fonti che – apparentemente – non ci appartengono?

“Apparentemente” perché, per chi si avvicina allo studio delle religioni, è impossibile non notare certe affinità, certe inaspettate similitudini o ricorrenze.

Ma non è questo il momento di divagare…

Facevo questa piccola digressione perché, personalmente, sono profondamente convinto che riflettere sul Karma possa fornire spunti utili a tutti, anche a chi non sia interessato alla sua interpretazione religiosa.

Vorrei quindi proporre una lettura laica del Karma, più accessibile anche per chi non ama particolarmente i riferimenti orientali.

Quando parlo di “lettura laica” intendo dire che, indipendentemente dal fatto che si creda o meno nella reincarnazione, il significato del Karma mantiene comunque un valore universale.

Il Karma è:

  • Coscienza dell’imprevedibilità degli effetti delle nostre azioni.
  • Responsabilizzazione nell’autodeterminarsi con attenzione.
  • Ricerca costante della giustizia interiore e universale (ovvero il Dharma).

Ok, forse sono andato troppo in fretta…

La legge del Karma, prima di tutto, sottolinea come ogni azione abbia delle conseguenze.

Parlare, tacere, agire, omettere… ogni gesto e ogni pensiero produce uno o più effetti: talvolta sugli altri, altre volte su noi stessi, spesso su entrambi, e in alcuni casi in un tempo molto, molto lontano.

Il punto fondamentale è che non possiamo mai sapere con certezza quale sarà l’effetto di una nostra azione.

Per esempio:

  • Aiutare economicamente una persona in difficoltà può essere ciò di cui aveva bisogno per riprendersi.
  • Oppure potrebbe rappresentare per lei un momento di grande umiliazione, con conseguenze imprevedibili.

E poi, come si quantifica un aiuto economico?

  • Ciò che per noi è poco, per un altro può essere tanto.
  • Fino a che punto la generosità deve spingersi nel sacrificio personale?

Proprio per questo motivo, nel tempo, sono nate e fiorite filosofie e religioni che hanno cercato di disciplinare questi aspetti della vita. Pensiamo, per esempio:

  • Alla carità cristiana.
  • Alla zakat islamica.

Eppure, non possiamo esimerci dall’agire, perché sappiamo che anche la nostra inazione produrrà effetti.

Questo ci spinge a porre maggiore attenzione non solo in ciò che facciamo, ma anche nel perché lo facciamo.

Dobbiamo chiederci:

  • La mia scelta nasce dalla ricerca del giusto?
  • Oppure è solo il frutto di una pulsione interiore?
  • Come posso sapere cosa è giusto per me e se sarà altrettanto giusto per gli altri?

Le religioni, da sempre, hanno cercato di rispondere a queste domande…

Ciò che conta, nella visione laica del Karma, è la ricerca del giusto:

  • Il riflettere su cosa sia giusto o sembri tale.
  • L’attenzione alle nostre azioni e al nostro modo di pensare.

In una parola: consapevolezza.

Troppo poco?

Se così fosse, non mi resta che augurarvi…

Buon Karma a tutti!

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Una risposta

  1. Voglio, con queste poche parole, ringraziarti, per il lavoro che svolgi,ogni volta che leggo i tuoi articoli, so’ di sapere qualcosa in più , sei chiara e semplice🙏grazie ancora e buon Karma

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