Tra le numerose arti zen nate nel corso dei millenni che si sono evolute e sono state tramandate sino ad oggi, troviamo una pratica dall’eleganza, precisione e raffinatezza impareggiabili anche nel più piccolo dei movimenti: stiamo parlando del kyūdō.
Il kyūdō (da leggere con le vocali allungate quindi “kyuudoo”) non è altro che la tecnica di tiro con l’arco giapponese: il nome si traduce letteralmente come “via dell’arco” (“弓 = arco” e “道 = via”) e la sua origine risale al primo millennio d.C.
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ToggleCome è nato il kyūdō?
La storia del kyūdō, l’arte del tiro con l’arco giapponese, ha radici profonde e affascinanti.
La prima cosa da notare è che l’arco giapponese, noto come yumi, è molto lungo, spesso più alto dell’arciere stesso, e presenta una forma asimmetrica: la parte superiore è più curva rispetto a quella inferiore, dove si impugna l’arco. Questo lo distingue nettamente dall’arco occidentale, che è simmetrico e viene impugnato al centro.
Le prime rappresentazioni dello yumi risalgono all’epoca Yayoi, che si estende tra il 300 a.C. e il 300 d.C. Successivamente, l’arco divenne un’arma fondamentale per i samurai, la classe militare giapponese, tra il IX e il XII secolo, durante l’epoca Heian.
Inizialmente conosciuta come kyūjutsu, che significa “tecnica dell’arco”, questa disciplina era essenziale per i guerrieri giapponesi fino all’introduzione delle armi da fuoco nell’arcipelago, intorno al 1600.
Con il tempo, l’importanza militare del kyūjutsu diminuì, trasformandosi in un’arte cerimoniale e spirituale, praticata soprattutto durante eventi speciali o per il diletto dei signori feudali. Oggi, questa antica pratica è conosciuta come kyūdō, che non solo preserva le tecniche tradizionali, ma enfatizza anche il perfezionamento interiore e l’armonia tra corpo e mente.
Kyūdō e lo Zen
L’arte del kyūdō è stata influenzata in modo significativo dalla cultura cinese. Molte arti cinesi, dall’artigianato alla guerra, sono state adottate e reinterpretate in modo unico dagli abitanti dell’arcipelago giapponese.
Nel kyūdō, l’arco non è solo uno strumento di guerra, ma un simbolo di eleganza e potenza, un equilibrio tra le forze complementari dello yin e dello yang. Questa arte è talmente raffinata e studiata nella sua composizione che, anche utilizzando materiali moderni, le prestazioni di un arco costruito secondo le tecniche tradizionali sarebbero pressoché indistinguibili.
Nonostante le influenze cinesi e l’associazione estetica con la bellezza, il kyūdō è stato legato alla filosofia Zen solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, e anche allora, solo in alcune scuole di pensiero e pratica.
Per i praticanti di questa disciplina, un tiro perfetto non è semplicemente una questione di colpire il bersaglio, ma il risultato inevitabile quando mente e corpo sono in completa armonia. Solo quando questa sintonia è raggiunta, la freccia scoccata centrerà il bersaglio con precisione.
Sebbene il kyūdō non sia intrinsecamente parte della filosofia Zen, il suo legame con essa è profondo e radicato. Ogni gesto e movimento nell’arte del tiro con l’arco è eseguito con un’estrema attenzione all’eleganza e alla maestria, trasformando l’intera pratica in una forma di meditazione in movimento.
L’obiettivo finale è raggiungere lo stato di “vuoto mentale” tipico dello Zen, in cui l’arcere è completamente immerso nel momento presente.
Lo scopo del Kyūdō
Un aspetto che lega profondamente il kyūdō alla filosofia Zen è il concetto racchiuso nel motto di questa disciplina: Shin-Zen-Bi (真善美), tre parole che significano rispettivamente “verità”, “virtù” e “bellezza”.
Ognuno di questi principi rappresenta un obiettivo che il praticante deve raggiungere per poter accedere allo stato di mushin, il vuoto mentale tipico dello Zen.
- Shin (Verità): Raggiungere la verità è un obiettivo comune a molte arti e filosofie. Nel kyūdō, la verità si riflette nel rapporto tra l’arciere, l’arco, e il tiro. Solo un tiro “vero” può colpire il bersaglio, e questa verità si manifesta nella precisione della tecnica e nella purezza delle intenzioni. Se l’arciere è in uno stato alterato o confuso, non è in grado di raggiungere la “verità”, e di conseguenza il tiro non andrà a segno.
- Zen (Virtù): Questo concetto è familiare a chiunque abbia praticato arti marziali. La virtù o benevolenza è un invito a comportarsi sempre in modo corretto, sia verso gli altri sia verso se stessi. Essa implica un impegno costante nella pratica e nel miglioramento personale. Solo attraverso questa benevolenza si può raggiungere la calma mentale necessaria per un tiro perfetto.
- Bi (Bellezza): La bellezza nel kyūdō si esprime nella forma e nell’eleganza di ogni gesto. La bellezza è sinonimo di precisione, che a sua volta riflette la serenità dell’arciere. Quando tecnica e spirito sono in armonia, la forma del tiro non può che essere splendida.
Il motto Shin-Zen-Bi incarna una lezione importante: per ottenere un risultato eccellente, non basta padroneggiare la tecnica o avere una mente serena. Se la tecnica è perfetta ma manca la bellezza intrinseca del movimento, si riduce tutto a un mero esercizio sportivo, privo di profondità.
Al contrario, se il tiro è esteticamente perfetto ma manca della tecnica derivata dall’esercizio e dalla costanza, non potrà mai raggiungere il bersaglio, risultando vuoto.
La perfezione del tiro si raggiunge solo quando Shin-Zen-Bi è perfettamente equilibrato, proprio come la verità assoluta si può ottenere solo quando corpo e mente sono sincronizzati sul momento presente.
Conclusione
Il kyūdō non è semplicemente una disciplina marziale, ma un percorso spirituale e filosofico che intreccia abilità tecnica, armonia interiore e bellezza estetica.
Attraverso la pratica del kyūdō, si cerca di raggiungere un equilibrio profondo tra mente, corpo e spirito, dove ogni gesto, ogni tiro, è un riflesso di un’esistenza vissuta con consapevolezza e intenzione.
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Ultimo aggiornamento 2024-09-14 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API