Lo scorso fine settimana Milano è stata travolta da un’ondata di fan entusiasti grazie ai due concerti sold-out di Taylor Swift a San Siro.
Eppure questa espressione collettiva di gioia non è stata immune alle critiche, ed anzi, in molti l’hanno interpretata come eccessiva o fuori luogo.
Chi mi segue sa che non amo parlare di temi di attualità, ma stavolta sento il bisogno di collegarmi a questo evento per riflettere su un argomento che tocca profondamente le corde della nostra umanità: la capacità di celebrare la vita con spontaneità e leggerezza, scandagliando il nostro rapporto con la gioia e il bisogno di comunità nella società di oggi.
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ToggleCos’è successo?
Fondamentalmente, niente di diverso dall’ordinario. Un’artista di fama internazionale ha tenuto due concerti a San Siro, esattamente come hanno fatto decine di altri artisti negli ultimi anni.
Ma a giudicare dalla mastodontica copertura mediatica e dall’incontenibile cascata di opinioni e commenti, questo evento sembrerebbe aver ricoperto la stessa importanza di una guerra mondiale.
Durante i concerti, ma anche nelle settimane precedenti, ho letto online numerosissime critiche e commenti negativi sulla Swift e i suoi fan, come “ma chi è questa?”, “ma chi sono gli idioti che pagano per vederla in concerto?”, e altre opinioni sulla stessa lunghezza d’onda che hanno sottolineato un certo disprezzo per la passione dimostrata da chi ama la sua musica.
Le critiche si sono spesso concentrate sull’eccessiva idolatria e sull’apparente superficialità dell’evento.
Non conosco la musica di Taylor Swift, ma ho avuto modo di assistere con curiosità e interesse all’atmosfera che si è creata durante questi giorni.
Ho visto persone, soprattutto donne e ragazze, unite dalla musica, pronte a condividere emozioni e a vivere momenti di gioia autentica senza restrizioni. E mi sono chiesta: perché la gioia e la spontaneità sono così demonizzate nella nostra società?
Il bisogno di comunità
Al di là di tutte le sovrastrutture e peculiarità proprie di questo specifico evento, quello che è emerso ai miei occhi è stato il forte senso di comunità tra i fan.
La musica, in particolare quella dal vivo, ha il potere unico di unire persone di diverse età, provenienze e contesti culturali accomunate dall’ammirazione per un artista. È in questi momenti che si può percepire il bisogno profondo e innato dell’essere umano di sentirsi parte di qualcosa di più grande.
Non si tratta solo di condividere uno spazio fisico, ma di vivere un’esperienza emotiva comune.
Non dimentichiamoci che l’uomo è un animale sociale e che, fino a non troppi anni fa, vivere in comunione con gli altri era la norma.
Ricordo benissimo quando da piccola passeggiavo per le stradine del mio paese il giorno del mio compleanno e bussavo a tutte le porte per regalare cioccolatini ai vicini. Non era strano, non era pericoloso. Era semplicemente la più spontanea espressione della natura umana, che cerca condivisione e appartenenza.
Oggi purtroppo non è più fattibile fidarsi così tanto del prossimo. Ma esistono ancora queste piccole parentesi di fratellanza, seppur confinate nel contesto di una sera, che ci ricordano come ci si sente.
Durante i concerti le persone hanno cantato insieme, ballato e persino pianto di gioia. Questi momenti di connessione autentica sono diventati sempre più rari nella vita quotidiana, dove solitamente cerchiamo la gioia in mezzi tecnologici che anziché unirci ci isolano ulteriormente.
La partecipazione a un evento collettivo ci offre l’opportunità di riconnetterci con gli altri in modo profondo e significativo, un’unione che la nostra anima anela più di ogni altra cosa.
La comunità non si costruisce solo attorno a interessi comuni, ma anche attraverso l’esperienza condivisa di emozioni intense e positive. È fondamentale riscoprire e valorizzare questi momenti, perché sono quelli che ci ricordano la nostra umanità.
E questi concetti sono perfettamente distillati nella pratica dello scambio dei braccialetti dell’amicizia: l’entusiasmo di creare qualcosa con le proprie mani e donarlo senza chiedere nulla in cambio, certi che il destinatario lo apprezzerà perché comprende il messaggio, l’amore e la cura che risiedono in quel gesto simbolico.
Per me, non esiste nulla di più autentico.
La demonizzazione della spontaneità
Oggi l’ordine e il controllo sono spesso valorizzati sopra ogni altra cosa.
La spontaneità e la leggerezza, invece, sono viste con sospetto e talvolta persino disprezzate. Questo atteggiamento riflette una società che teme l’imprevisto e l’incontrollabile, preferendo mantenere tutto sotto una rigida supervisione.
Durante i concerti i fan hanno espresso la loro gioia con vestiti sgargianti, braccialetti coloratissimi e danze sincronizzate. Persino la stessa Taylor si è lasciata andare ad alcune manifestazioni spontanee di sorpresa davanti a tanto entusiasmo.
E mi sembrava davvero di vederli lì, i detrattori, immobili e impassibili, che alzavano un sopracciglio con aria di superiorità etichettando queste reazioni come eccessive, immature o addirittura false.
Questo fenomeno non è limitato ai concerti di Taylor Swift. Eventi in cui le persone si lasciano andare a momenti di leggerezza sono spesso visti come fuori luogo o inappropriati. Ci si aspetta che tutti mantengano un certo contegno, anche in situazioni in cui la libertà di espressione dovrebbe essere incoraggiata.
Quando reprimiamo la nostra capacità di essere spontanei, perdiamo una parte essenziale della nostra umanità. La spontaneità ci permette di vivere il momento presente, di connetterci con gli altri e di esprimere le nostre emozioni in modo autentico. Senza di essa rischiamo di diventare troppo rigidi e distanti, incapaci di godere delle piccole gioie della vita. È qualcosa che nessuna intelligenza artificiale potrà mai replicare.
Essere spontanei, danzare a ritmo di musica, vivere pienamente del presente, è una meravigliosa forma di meditazione dinamica.
La spontaneità ci ricorda che, nonostante le pressioni e le responsabilità quotidiane, siamo ancora capaci di vivere momenti di pura felicità. È importante riconoscere il valore di questi momenti e permettere a noi stessi e agli altri di viverli senza timore di ricevere giudizi negativi.
La sicurezza e il senso di fiducia
Un altro aspetto che mi ha colpita di questo evento è stato il forte senso di sicurezza percepito dai partecipanti, soprattutto dalle donne.
In un mondo dove, troppo spesso, le donne devono affrontare il timore di essere giudicate, molestate o addirittura aggredite, il concerto di Taylor Swift ha rappresentato una sorta di “zona sicura”.
Le fan hanno cantato, ballato e condiviso momenti di pura gioia sentendosi al sicuro in un ambiente dove il rispetto reciproco era palpabile nonostante le decine di migliaia di persone presenti.
In un mondo ideale tutti gli spazi pubblici dovrebbero essere luoghi dove chiunque può esprimersi liberamente, sentirsi accettato e protetto, ma sappiamo bene che non è così.
Ecco perché eventi come questi rappresentano un esempio positivo per le nostre comunità, piccole o grandi che siano.
La leggerezza come risposta alla gravità del quotidiano
È facilissimo, oggi, cadere nella trappola del pessimismo e del cinismo. La leggerezza e la gioia sono l’unico vero antidoto a questa gravità.
La capacità di lasciarsi andare, di celebrare senza inibizioni e di trovare gioia nelle piccole cose non significa ignorare i problemi del mondo, ma trovare un equilibrio che permetta di affrontarli con un atteggiamento più positivo e costruttivo.
In un momento storico come quello che stiamo vivendo, questa è una lezione di inestimabile valore: non temiamo di essere giudicati per i nostri momenti di felicità autentica.
E se siete tra le persone che nei giorni scorsi hanno storto il naso leggendo queste notizie e magari lasciato un commento avvelenato, vorrei chiedervi: davvero non abbiamo nulla da imparare da questi fan?
(credits immagini: Getty Images / Noam Galai / Vittorio Zunino Celotto / TAS24 / @mariiiloml)