Filosofia Buddista: Gli insegnamenti di Buddha alla base del Buddhismo

filosofia buddista

Abbiamo parlato del Karma e del Dharma, entrambi punti focali e di grandissima importanza delle religioni orientali come l’induismo, i culti vedici e il buddhismo. In questo articolo vogliamo focalizzarci sugli insegnamenti di Buddha, ovvero le basi della filosofia buddista che spingono i praticanti verso una vita più serena e distaccata dal materialismo.

Innanzitutto cosa sono gli insegnamenti di Buddha? Dove li possiamo trovare e in che cosa consistono?

Le basi della filosofia buddista

Se avete letto l’articolo sul Dharma, saprete che quest’ultimo è uno dei Tre Gioielli del Buddhismo e che rappresenta proprio gli insegnamenti del Buddha. Partiamo quindi dall’analisi dei Tre Gioielli per addentrarci nella filosofia buddista.

I Tre Gioielli di Buddha

tre gioielli buddhismo

Nel buddhismo, contrariamente alle altre religioni, non si è soliti parlare di “conversione”. Quando si vuole intraprendere il sentiero di questa filosofia si parla di “rifugiarsi nei tre gioielli”, che sono:

  • Buddha: rappresenta la spiritualità che è presente in tutte le persone, poiché secondo il Buddhismo chiunque può aspirare a diventare un Buddha; questa è la prima cosa di cui essere consapevoli quando s’intraprende questo sentiero.
  • Dharma: racchiude tutti gli insegnamenti del Buddha, ovvero la persona illuminata, ed è ciò a cui bisogna attenersi per raggiungere l’illuminazione.
  • Sangha: è la comunità di cui si entra a far parte e può essere rappresentata sia da tutti coloro che sono diventati Buddha nei secoli, sia da coloro che praticano il Buddhismo e cercano di raggiungere l’illuminazione.

Una volta preso atto del significato di questi Tre Gioielli, dobbiamo iniziare a seguire gli insegnamenti di Buddha. Esistono tuttavia anche i cosiddetti “buddhisti laici”, coloro che seguono soltanto i precetti di Gautama Buddha, il fondatore del Buddhismo.

I Cinque Precetti

Tra i tanti insegnamenti lasciatici da Gautama quelli che più vanno osservati da un Buddhista che si definisca tale troviamo i Cinque Precetti, ovvero quegli insegnamenti che tutte le persone dovrebbe seguire per avere un’esistenza più tranquilla e in armonia con le altre forme di vita, nonché iniziare la propria via verso l’illuminazione.

Tali precetti vengono seguiti non appena il praticante ha accettato i Tre Gioielli e sono:

  • Non uccidere altri esseri viventi.
  • Non prendere ciò che non ti è dato avere.
  • Non attenerti ad una condotta sessuale impropria e inopportuna.
  • Non mentire né divulgare false notizie.
  • Non abusare di sostanze inebrianti che fuorviano il giudizio e la coscienza.

Questi sono i cinque precetti a cui ogni buddhista si attiene per vivere serenamente la propria esistenza; a ben guardare, se tutti seguissimo queste semplici condotte, anche senza l’intercessione di un monaco, il mondo sarebbe un posto migliore con poco sforzo.

Normalmente sia i Gioielli che i Precetti vengono chiesti ad un monaco buddhista. Dopo aver recitato una formula, a cui l’aspirante buddhista dovrà rispondere in modo appropriato, si potrà dire di essere diventati buddhisti.

Le Quattro Nobili Verità

quattro nobili verità

Tra gli insegnamenti più importanti del Buddha, subito dopo aver preso atto dei Tre Gioielli, troviamo le quattro nobili verità. Esse racchiudono l’insegnamento sulla sofferenza dell’essere umano e  il modo per porle fine tramite la via del Buddha.

Solo questo insegno: la sofferenza e la sua cessazione.

– Gautama Buddha 

Il Buddha, meditando sulla vita, su come essa nasce, cresce e termina, era giunto alla conclusione la sofferenza è parte della natura umana, anzi della vita stessa, e non si poteva nascere ed essere vivi senza soffrire. Di fatto la prima delle nobili verità è detta la Verità della Sofferenza o del Dolore.

La Verità della Sofferenza

Come detto, la sofferenza è una costante nella vita di ogni essere vivente; può essere una sofferenza causata da una perdita, da un desiderio inappagabile, dalla paura d’invecchiare, dall’essere vicino a ciò che non ci piace. Esistono molti tipi di sofferenza e principalmente vengono divisi in:

  • Sofferenza causata da ciò che è (immutabile)
  • Sofferenza causata da ciò che cambia (ad esempio la vecchiaia)
  • Sofferenza causata dall’esistere (Fad esempio frustrazioni, desideri non appagati, ecc.)

Il termine utilizzato per la sofferenza deriva dal sanscrito “Duhkha” e si può tradurre con “dolore inconsistente” poiché rappresenta il vuoto e l’insoddisfazione che le persone sentono quando sono in vita, per uno qualunque dei tre tipi di sofferenze.

Tuttavia, come vedremo più avanti, non bisogna pensare che il Buddhismo sia una via pessimistica e di solo dolore: questa dottrina vede una sofferenza oggettiva nelle persone e negli esseri viventi, una sofferenza che purtroppo accompagnerà una persona per tutta la vita ed è inevitabile.

Il Buddhismo vuole portare a tutti la via per riuscire a porre fine a questa sofferenza, per permettere a tutte le persone di vivere serenamente e in armonia. Non è corretto pensare al Buddhismo come a una religione di pessimismo e di sofferenza: essa vuole, senza chiedere nulla in cambio, portare le persone a smettere di soffrire e a vivere in pace con loro stesse.

La Verità dell’origine della Sofferenza

La seconda nobile verità è volta a capire il perché di questa sofferenza costante: essa è la Verità dell’origine della Sofferenza.

Spesso capita di attribuire a qualcosa o a qualcuno la colpa del nostro soffrire: è colpa di Dio, dell’Universo, di quel/la tizio/a, della società, è il destino, è la sfortuna. La nobile verità sta nell’accettare che siamo noi l’origine della nostra sofferenza: ciò non significa che cerchiamo la sofferenza a tutti i costi, bensì che (come insegna il Karma) sono i nostri desideri a portarci a soffrire, è l’insoddisfazione che ci porta al dolore.

Il Buddha individuava tre fonti principali da cui nasce la sofferenza:

  • Il desiderio sessuale
  • Il desiderio dell’esistenza (attaccamenti, invidie, ecc.)
  • Il desiderio di porre fine all’esistenza (uccidere, consumare, finire, ecc.)

Se ci pensiamo bene sono tre macro categorie che si adattano molto bene ai desideri umani più comuni. Tuttavia il Buddha nei suoi insegnamenti non attribuisce mai la responsabilità alle persone direttamente: come dicevamo prima, la sofferenza è intrinseca nell’esistenza, quindi non è colpa dei desideri che proviamo se soffriamo, bensì del nostro attaccamento ad essi.

Soddisfare un desiderio ci porta a soffrire di meno, eppure soffriamo ulteriormente per ottenere questa soddisfazione. Tale sofferenza possiamo dire abbia origine nell’avidità, poiché ci spinge a volere sempre di più nell’illusione di condurre una vita “piena”.

La Verità della Cessazione della Sofferenza

La terza delle nobili verità è la prova che il Buddhismo non è solo pessimismo e dolore: è la Verità della Cessazione della Sofferenza.

Finora abbiamo raccontato di come Buddha arrivò a capire la sofferenza e le sue evoluzioni e di come esse siano legate indissolubilmente ad ogni forma di vita. Tuttavia si può porre fine a tutta questa sofferenza: se la sofferenza è generata dai desideri, tutto quello che bisogna fare è rinunciare ad essi.

Non è cosa facile: la società moderna è infatti basata sul desiderio e sulla sua soddisfazione. Se però guardiamo da un altro punto di vista, questa Verità ci dice di “lasciar scorrere”, rinunciare a qualcosa di cui possiamo fare a meno in favore di una serenità che altrimenti non avremmo mai provato.

È grazie a questa “liberazione dal desiderio” che si può porre fine alla sofferenza a cui gli esseri viventi sono eternamente legati e si può dire che è questo il fulcro della filosofia buddista a cui ogni praticante dovrebbe aspirare: la rinuncia al desiderio e all’attaccamento alle cose e alle persone. Questa, secondo il buddhismo, è l’unica via per raggiungere il Nirvana e l’illuminazione, la via dell’ultima delle nobili verità.

La Verità della Via che Porta alla Cessazione della Sofferenza

Una volta che abbiamo preso coscienza della terza nobile verità, siamo pronti per la parte finale, l’ultima: la Verità della Via che Porta alla Cessazione della Sofferenza.

Essa è l’unico modo per raggiungere il Nirvana e l’Illuminazione, l’unico modo per liberarsi dalla sofferenza intrinseca degli esseri viventi, la “via della moderazione” o la “via del mezzo”, per eliminare dalla vita tutto ciò che è attaccamento, negatività e tossicità.

Essa si rispecchia nell’ultimo dei più importanti insegnamenti di Buddha: il Nobile Ottuplice Sentiero.

Il Nobile Ottuplice Sentiero

nobile ottuplice sentiero

Questo insegnamento è a tutti gli effetti l’ultima delle quattro nobili verità. Esso racchiude le indicazioni a cui il Buddha Gautama era giunto durante i suoi anni passati a meditare per raggiungere l’illuminazione ed ha voluto tramandarli ai posteri per permettere a tutti di capire il senso della fine della sofferenza.

Affidati al messaggio del maestro, non alla sua personalità.
Affidati al senso, non alle parole.
Affidati al senso reale, non a quello temporaneo.
Affidati alla tua mente di saggezza, non a quella ordinaria che giudica.

– Buddha Gautama 

Secondo il nobile ottuplice sentiero esistono otto vie da seguire che servono non solo ad identificare un corretto comportamento buddista, ma più profondamente un ideale di esistenza per una vita retta e volta a cancellare la sofferenza. Questi “sentieri” non vanno necessariamente seguiti in ordine e non serve memorizzarli né seguirli pedissequamente (da qui la citazione poco sopra), ma vanno coltivati continuamente in modo da giungere allo stato finale di totale liberazione e illuminazione.

Gli otto sentieri sono:

  • Retta Visione
  • Retta Intenzione
  • Retta Parola
  • Retta Azione
  • Retta Sussistenza
  • Retto Sforzo
  • Retta Presenza Mentale
  • Retta Concentrazione

Per quanto i nomi stessi possano essere esplicativi, un’analisi più approfondita di ciascuno di essi è essenziale per arrivare a comprendere appieno di cosa stiamo parlando e del senso che il Buddha voleva trasmetterci con queste parole.

Retta visione

La retta visione è una dote che ci deve accompagnare per tutto il nostro cammino buddista.

Se può aiutare a capire meglio il senso del primo sentiero, potete pensarlo anche come retta comprensione. La comprensione di ciò che vediamo è fondamentale per non fraintendere ciò che ci si presenta davanti ogni giorno: quando al Buddha venne chiesto in cosa consistesse esattamente questo sentiero egli rispose che era la corretta visione (o comprensione) della sofferenza, della sua origine, della sua cessazione e della via per la sua cessazione.

“Vedere” qui è inteso nel senso di “comprendere”, perché la comprensione è essenziale per arrivare all’illuminazione.

Retta intenzione

La retta intenzione è altrettanto importante nella filosofia buddista.

Come spiegato nell’articolo sul Karma, per i buddhisti è l’intenzione più che l’azione a pesare su quest’ultimo, poiché non si può parlare buona azione se essa viene fatta senza questo scopo. La retta intenzione (o motivazione o pensiero) è consequenziale alla retta visione poiché se non siamo capaci di comprendere appieno ciò che vediamo, non possiamo pensare bene.

Si tratta di una logica conseguenza: ogni retta intenzione è un’intenzione spinta da buoni propositi, senza scopo di attaccamento al desiderio o alla violenza. La meditazione è essenziale per tale sentiero poiché ci porta alla tranquillità, in modo da poter lasciare alle spalle tutti i timori che possono influenzarla.

Retta parola

La retta parola rappresenta un concetto molto discusso per il nostro tempo.

Nel mondo moderno sappiamo quanto le parole possano essere pesanti, in alcuni contesti più che in altri; è quindi estremamente importante imparare a pesare le parole e i momenti in cui è opportuno dirle. Ogni parola detta porta a delle conseguenze buone o cattive e possono ferire le persone ma anche insegnare la saggezza. Imparare a misurare le parole è essenziale per comprendere la via della retta parola.

Le parole hanno il potere di distruggere e di creare. Quando le parole sono sincere e gentili possono cambiare il mondo.

– Buddha Gautama 

Retta azione

La retta azione è un concetto molto più semplice da afferrare: ogni azione che può nuocere agli altri non può essere considerata retta.

Da tenere bene a mente è che non sono solo le azioni dirette che vanno evitate, come l’omicidio o il ferire qualcuno, ma anche altre più indirette come le truffe, le falsità, i pettegolezzi o commerci illeciti.

Ogni azione volta a staccarsi dal desiderio è una retta azione purché essa non ferisca qualcuno (direttamente o meno). Bisogna anche ricordarsi di non tenere condotte sessuali improprie, come spiegato nei cinque precetti, e di rispettare sempre i ruoli e le necessità altrui.

Retta sussistenza

La retta sussistenza rappresenta quell’insieme di azioni e di intenzioni che ci permettono di vivere in armonia col resto del mondo.

“Essere in armonia col mondo” è un po’ lo stesso tipo di concetto che possiamo trovare negli hippie degli anni ’60 che volevano vivere in simbiosi con la natura; tale concetto può essere derivato da questa parte dell’ottuplice sentiero, dove il nostro modo di vivere ci permette di avere ciò di cui abbiamo bisogno senza ferire altre creature.

Retto sforzo

Eccoci giunti al retto sforzo. È implicito che tali comportamenti richiedano uno sforzo: costante, disciplinato e spontaneo.

Tale sforzo non deve necessariamente essere inteso nel senso stretto del termine, quanto nel riuscire a rendere la propria volontà fluida e costante quel tanto che basta, in modo che ci permetta di vivere secondo queste credenze. Nel retto sforzo è essenziale osservare una retta azione poiché sono strettamente collegate: dal retto sforzo si raccoglie anche tutto quello che si è ottenuto dalle pratiche effettuate finora riuscendo a preservare un equilibrato modo di vivere.

Retta presenza

La retta presenza mentale non va fraintesa con la semplice concentrazione nell’applicarsi ai sentieri.

Essa è qualcosa di più, è sia l’astensione dai desideri che possono portare alla sofferenza sia la concentrazione sul presente e sull’azione immediata. Una retta presenza mentale si ha quando la propria attenzione è sollecitata sulle scelte immediate, senza giudizi, fluida, spontanea, innocente. Il passato non viene dimenticato ma non gli si permette nemmeno di influenzare la rettitudine delle scelte che compiamo nel presente. Questo concetto è usato molto dai monaci zen.

Retta concentrazione

Si giunge infine alla retta concentrazione.

Tale stato si usa nella meditazione, pratica essenziale per riuscire a seguire correttamente il nobile ottuplice sentiero poiché permette di estraniarsi dai desideri fonte di sofferenza. Questa retta concentrazione ci permette di focalizzare tutta la nostra energia mentale in un’unica direzione e senza dubbi o confusione: in questo stato l’attenzione è interamente focalizzata su qualcosa in particolare, in uno stato di calma perenne e imperturbabile, che ci permetterà di capire l’essenza di ciò su cui ci concentriamo senza provare fatica alcuna.

Questa è l’ultima pratica per la padronanza di sé stessi e per la fine della sofferenza.

Non ho guadagnato proprio nulla dall’Illuminazione Suprema, ed è per questa precisa ragione che viene chiamata Illuminazione Suprema.

– Buddha Gautama 

Non dovete vedere la retta concentrazione come l’apice del cammino: come abbiamo detto all’inizio, l’ottuplice sentiero non ha un percorso stabilito ma va seguito in maniera olistica nella sua interezza, cercando di portare avanti questi percorsi simultaneamente e poco alla volta.

Nel tempo, varie scuole di pensiero hanno interpretato vari stili per seguire il nobile ottuplice sentiero; l’importante, come ci ha tramandato il Buddha Gautama, è che non sono solo le parole ad essere importanti, ma il loro senso. E soprattutto niente è infallibile.

Non credete ciecamente a ciò che dico. Non prendete nessun dogma o libro come infallibile.

– Buddha Gautama 

Nel buddismo tibetano esiste anche la tradizione dello Dzogchen, definito come lo stato naturale e primordiale della mente alla base della meditazione profonda.

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4 risposte

  1. Ho ripassato con grande piacere i concetti del Dharma e quindi gli insegnamenti del Maestro. Da tempo cerco di seguire i precetti di questa filosofia di vita e questo mi ha permesso di ottenere risposte a quelle domande alle quali nessun altra religione aveva mai saputo rispondere. Grazie. Namastè ??

  2. La Filosofia Buddista è Davvero Interessante…
    Forse Più Di Ogni Altra Religione….
    Già Leggere Quanto Detto Infonde Semplicità e Serenità….
    Sicuramente L’Essenza Di Essere Ed Esistere…
    In Un Mondo Invaso Da Miriade Di Complicazioni…
    Nozioni Varie e Molteplici…
    Attaccato Al Materialismo Più Puro…
    Credo La Libertà Sia Rappresentata Dalla Liberazione Interiore….
    Dall’attaccamento e La Dipendenza Dalle Cose Materiali…
    Dai Desideri Irraggiungibili…
    Dalla Dipendenza Del Passato…
    Dalle Situazioni…
    Dalle Vicissitudini Della Vita…
    Il Distacco Mentale E Materiale Da Tutto Questo Credo Quasi Con Certezza Porti Alla Cessazione Delle Sofferenze Interne…
    Anche Vincere La Paura Della Morte e Delle Malattie Varie Porta Alla Serenità Vitale…
    Con La Consapevolezza Che Tutto Esiste…
    E Bisogna Accettare Le Conseguenze Inevitabili…
    La Gioia Ed Il Dolore Fisico e Mentale Accompagnano L’Uomo Nel Corso Della Sua Vita…
    Della Sua Esistenza Della Sua Pur Limitata Esperienza Vitale…
    Ed è Comunque Credo Indispensabile Vivere Appieno La Vita…
    Nella Salute…
    E Possibilmente Senza Più Soffrire…
    Almeno Spiritualmente…
    Alessandro Arcidiacono.

  3. Vorrei Aggiungere Che Certamente Seguendo Certe Regole Basilari Di Vita Ed Amando La Natura e Tutti Gli Esseri Viventi Della Flora e Della Fauna Terrestre…
    Ma Amando Poi La Vita…
    Ed Universalmente All’Infinito Tutto…
    Con Sempre Meravigliandosi Di Fronte A Tali Bellezze Universali…
    Si Arriva Ad Apprezzare E Rispettare La Nostra Vita…
    Alessandro Arcidiacono.

  4. È. Importante comunque che buoni e sani consigli per nulla si accenna alla presenza reale di Dio r di cio che ci aspetta dopo la nostra breve esistenza.
    Si parla di illuminazione ma non di condizioni spirituali …ne.di miracoli e accadimenti straordinari. Snchr un uomo semplice ma di fefe e pieno di Spirito può copiere cose impossibili .come.ad esmpio guarire un malato o addirittura resuscitare un morto.

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